giovedì 24 ottobre 2013

Marano. Arrestati gli imprenditori Simeoli

Sono stati arrestati dai carabinieri gli imprenditori edili Simeoli di Marano, ritenuti legati al clan Polverino. Proprio pochi giorni fa avevo parlato delle loro attivitá in questa inchiesta per Agoravox: http://www.agoravox.it/INCHIESTA-Affari-e-cantieri-le.html

mercoledì 23 ottobre 2013

Piazza Leonardo: ricorso al TAR contro il parcheggio


Continuano le polemiche sui nuovi parcheggi al Vomero. Dopo il caso di piazza Muzii, dove la ditta appaltatrice è stata denunciata dai residenti per irregolarità nei lavori di risistemazione dei marciapiedi, adesso tocca ai box in costruzione a piazza Leonardo...

ARTICOLO COMPLETO SU NAPOLI URBAN BLOG


PER SAPERNE DI PIU' --> INCHIESTA SUI PARCHEGGI PERTINENZIALI

venerdì 18 ottobre 2013

  INCHIESTA   Affari e cantieri, le mani di camorra e politica sui
parcheggi di Napoli

INCHIESTA PER AGORAVOX ITALIA


L'ingegnere di partito che favorì Impregilo. La Giunta del Comune che salva il parcheggio del suo assessore. E 40 milioni di euro pubblici spariti nel nulla.
Benvenuti a Napoli, dove i parcheggi si costruiscono ma non si vendono.
E la camorra fa affari (con il socio dell'assessore).

Napoli è la città dei cantieri eterni. Lo stereotipo del napoletano pigro e indolente si infrange contro la quantità di autocarri, betoniere, ponteggi e gru che attraversano ossessivamente le strade. Il primo cantiere della metropolitana, per esempio, è stato aperto nel 1976, e manca ancora il collegamento con l'aeroporto di Capodichino. Il volume dei lavori sembra crescere ogni giorno senza mai vedere la fine.


Da aprile i cittadini del Vomero, quartiere collinare di Napoli, hanno ripreso a protestare contro la costruzione di nuovi parcheggi a piazza Leonardo (in cui nel 1985 la camorra uccise Giancarlo Sianindr), dove la cooperativa Celebrano e la ditta edile Edilgrem stanno costruendo ben 147 box auto interrati. Sebbene la Commissione mobilità del Comune si sia espressa contro quest'opera, la direzione infrastrutturale di Napoli ad aprile di quest'anno ha rilasciato il permesso a costruire, nonostante la preoccupazione di commercianti e residenti, che hanno iniziato a protestare.
AAA SOCI CERCASI – «Le proteste sono inutili, i commercianti hanno interesse solo a tenere la proprietà privata della piazza, che così com'è oggi è un disastro», sbotta ad AgoraVox Alfredo Nappo, il progettista della cooperativa Celebrano. L'ingegner Nappo non è nuovo alle cronache partenopee: nel 2009 il GIP di Napoli ne ordinò gli arresti domiciliari per aver falsificato l'idoneità degli impianti di Impregilo per la produzione del combustibile da rifiuti nell'ambito di un'inchiesta scaturita dal processo “Madre” sulla gestione dei rifiuti in Campania, e fu inconsapevole protagonista di un'intercettazione telefonica del 2005 in cui confessava: «Come ho avuto l'incarico? Io faccio parte di un partito». Il processo per falso ideologico all'ingegner Nappo è tutt'ora in corso in primo grado, destinato alla prescrizione.
«La nostra è una cooperativa che dal 2001, anno in cui depositammo il progetto a Palazzo San Giacomo, ha l'obiettivo di riqualificare la piazza ed è costituita da molti residenti e amici», continua Nappo. «I lavori dureranno 24 mesi, abbiamo compiuto tutte le verifiche del caso con il Georadar e le strumentazioni più moderne: il sottosuolo dal punto di vista geologico è sicuro. Le opere compensative con cui metteremo a posto la piazza ammontano a due milioni di euro, tutti a nostro carico».

Ma quanti sono davvero i soci cooperatori? «Al momento sono 60 o 70 (su 147 posti previsti), ma questo è dovuto alla maggiore diffidenza che c'è a Napoli in questo settore. Se stavamo in un'altra città, ad esempio a Bologna, era diverso».
Già, perché spesso i cantieri partono ancor prima che siano stati ben definiti i soci delle cooperative, e in più casi si è provveduto ad avvicinare i potenziali acquirenti mediante spot pubblicitari, come una qualsiasi impresa a fini di lucro. Risultato? Molti box auto in città risultano invenduti, come dimostra una recente inchiesta del Mattino.
ANTIMAFIA A SCOPPIO RITARDATO – E non sembra essere un problema solo napoletano. «Ci sono perplessità anche con i certificati antimafia», racconta Anna Maria Bianchi dei comitati NoPup di Roma. «La normativa consente alle società di presentare il certificato solo al momento della comunicazione finale per il rilascio del permesso a costruire, nel corso dell'iter istruttorio non viene richiesto. C'è una situazione di lucro anche sulle assicurazioni: per un parcheggio al Testaccio (quartiere di Roma, ndr) esiste un premio assicurativo di cinque milioni di euro per soli cedimenti totali, di cui due milioni per scioperi e tumulti, ovvero qualcosa di ridicolo». E se Roma piange con i suoi duecento e passa parcheggi privati in costruzione, Napoli non ride.
I PARCHEGGI DELLA CAMORRA – Tra i progetti più noti c'è il parcheggio privato da 122 box di via Aniello Falcone, prospiciente anch'esso sul golfo. Approvato con delibera di giunta nel 2007, il cantiere fu aperto nel gennaio 2012. Per l'occasione venne organizzata una grande parata della legalità, patrocinata dal presidente della federazione nazionale antiracket Tano Grasso e dal campione italiano di tennis Panatta, dalle istituzioni locali e dai vertici delle forze dell'ordine, e il cantiere venne incluso nel “Patto antiracket” promosso dall'Arma dei Carabinieri. Tutto bello e nel sacro nome della legalità. E invece la beffa si presenta pochi mesi più tardi: gli uomini del GICO mettono sotto sequestro il cantiere e i proprietari Angelo e Carlo Simeoli vengono arrestati nell'ambito di un'inchiesta sul riciclaggio di denaro dei clan camorristici Polverino, Mallardo e Casalesi.

Un nuovo sequestro scatta ai primi di agosto 2013: la magistratura contesta l'illegittimità del nulla osta del Comune e la “manchevolezza” delle indagini svolte dal Genio civile e dall'Autorità di bacino, con gravi rischi per l'equilibrio idrogeologico della zona.

via San Domenico, nei pressi di via Cilea, è stato completato da più di un anno un parcheggio privato multipiano da 60 box, costruiti e messi sul mercato immobiliare dalla Sime S.p.A., una società di Marano di Napoli di proprietà del gruppo Simeoli. Gli imprenditori di Marano costruiscono anche un altro parcheggio interrato da 60 box ai Colli Aminei. La loro società, la Sime, è stata già interessata in passato da vicende giudiziarie. Nel 2007 l'azienda era finita nel mirino dell'antimafia: furono sequestrati (per tre mesi) sessanta appartamenti costruiti con documentazioni false e i costruttori accusati di essere contigui al clan Nuvoletta - Polverino.
«I proprietari della Sime spa sono imparentati con quelli arrestati per il parcheggio di via Aniello Falcone», rivela ad AgoraVox uno dei tecnici che in passato lavorò con le aziende del gruppo. «Io non me ne sono mai accorto sul lavoro, con queste società immobiliari loro "pulite" ho fatto un lavoro specifico di cemento armato, tecnico. Poi però c'è stato il casino, ci sono state le proteste della gente per il parcheggio a via Camaldolilli, ci fu un sequestro per un abuso, c'è stato un processo, è uscito un casino».

Fu in quel momento che l'ex tecnico di Sime con cui ha parlato AgoraVox venne a sapere delle parentele dei padroni, «i cugini di quelli malamente». Racconta che Sime S.p.A. «è un ramo collaterale della famiglia Simeoli. Questo Simeoli di Sime, Antonio Simeoli, è il cugino di quello (Angelo Simeoli, arrestato nell'inchiesta sul clan Polverino, ndr)».

Antonio Simeoli, che in passato ha subito sequestri di beni immobili insieme ad affiliati dei clan Polverinoe Nuvoletta, è il capostipite della famiglia nonché, come detto, il cugino dell'imprenditore Angelo Simeoli, arrestato in un'indagine per riciclaggio. «Poi a loro volta sono cugini di Antonio Polverino, che è lo zio di Giuseppe Polverino detto 'o baronarrestato l'anno scorso in Spagna dopo sei anni di latitanza.
I progetti di tutti e due i parcheggi costruiti da Sime S.p.A. sono firmati dallo stesso studio associato d'ingegneria ed architettura: quello facente capo a Giuseppe Sarubbi (che ha preferito non parlare con Agoravox), ex componente della commissione edilizia del Comune nonché ex socio dell'assessore all'urbanistica Luigi De Falco (fuori dalla giunta da maggio scorso) nella società di consulenza "S.I.C. Snc". Entrambi sono stati consulenti esterni per la variante generale al piano regolatore del 2004, quella che ha permesso la costruzione del parcheggio di Angelo e Carlo Simeoli in Via Falcone.
CONFLITTI DI INTERESSI IN COMUNE – «Il parcheggio di via Aniello Falcone ci fu presentato dall'ex assessore De Falco, nel corso di una seduta di municipalità al Vomero», ha raccontato ad AgoraVox il consigliere municipale Antonello Simeoli, in quota PD. «Questo e altri parcheggi non sono mai passati per la Municipalità, ma esclusivamente per Palazzo San Giacomo. Noi non ci siamo mai potuti esprimere».

Il consigliere Simeoli è anche presidente della commissione mobilità del Vomero, con delega proprio ai parcheggi. E a chi gli fa notare la parentela con gli imprenditori coinvolti nelle inchieste per camorra, taglia corto: «Sì, sono miei cugini e non ho nessun problema ad ammetterlo, ma non ho nulla a che fare con loro».
A via Andrea da Salerno, sempre al Vomero, ha costruito un'altra cooperativa, la Ecoparcheggi, nel cui gruppo di progettazione figura come architetto proprio l'ex assessore De Falco, uscito di scena dopo il rimpasto del sindaco. Nel 2012 il Comune, su iniziativa dell'ex assessore alla mobilità Donati (fuoriuscita anche lei), emise una delibera di giunta che sospendeva 12 dei 18 parcheggi previsti dal PUP (piano urbano parcheggi) e ne salvava i rimanenti sei, tra cui quello di De Falco.
L'ex assessore, però, mette le mani avanti: «Partecipai come architetto diversi anni prima di ricoprire cariche pubbliche», dice ad AgoraVox. «Tant'è che quel parcheggio ebbe l'ok definitivo nel 2010, quando non ero assessore. La Ecoparcheggi è una cooperativa in regola, forse l'unica, per cui sfido chiunque a trovare errori o abusi edilizi in quello scavo».

COOPERATIVE DI PARTITO – Le polemiche sulle cooperative di parcheggi a Napoli scoppiano nel 2005, quando il senatore di AN Michele Florino presentò al Senato un'interrogazione parlamentare in cui denunciava «la ripartizione delle aree a soggetti imprenditoriali collusi con forze politiche della maggioranza, escludendo arbitrariamente soggetti con sani requisiti».
A inizio 2000, infatti, i partiti di maggioranza, tra cui i Ds e i Verdi, sponsorizzavano enfaticamente la costituzione delle cooperative. «Costituimmo cinque cooperative sorte dopo una serie di assemblee che i partiti organizzarono con i cittadini delle aree interessate, convincendoli della bontà dell'idea», ha raccontato ad AgoraVox il geometra Tommaso Vitale, uno dei tecnici che partecipò ai lavori.
Anche Carmine Attanasio, oggi consigliere comunale dei Verdi Ecologisti, conferma: «Partecipai a quelle vicende e posso dire che qualche tecnico dei Verdi ci lavorò in quelle cooperative, ma io ho combattuto personalmente quei Verdi là (tra cui c'era l'ex ministro Pecoraro Scanio, ndr) e il loro modello di sviluppo: me ne sono dissociato». «Oggi - continua Attanasio - sto coi Verdi Ecologisti, mandiamo avanti un progetto ambientalista, per cui siamo contrari ai box sotterranei a Napoli così come concepiti».

I MILIONI SCOMPARSI – E se da un lato le iniziative private vanno avanti tra le proteste di associazioni e comitati, quelle pubbliche rimangono al palo: i parcheggi d'interscambio e di relazione di via Cilea, Mergellina, Edenlandia, Capodimonte non sono mai stati realizzati nonostante 40 milioni di euro di finanziamenti comunali e regionali per la loro costruzione. Finanziamenti di cui non si conosce il destino, per questo motivo, nel 2010, la Procura ipotizzò i reati di truffa, abuso d'ufficio e turbativa d'asta a carico di venti indagati in un'inchiesta a 360° su appalti e concessioni fraudolente intorno al PUP cittadino. A tre anni di distanza, l'indagine è ancora sul tavolo del pm Henry John Woodcock.
PRIMA I PARCHEGGI, POI LA CITTÀ – Da circa due anni, nei pressi del Castel Sant'Elmo, è in costruzione un parcheggio privato di proprietà della Imit Immobiliare di Luigi Gaeta, proprietario anche della settecentesca villa Giannone, confinante con i lavori. E infatti la scelta di realizzare lì 53 box privati, in una delle ultime aree verdi del Vomero, sottoposta a vincolo paesaggistico e monumentale, aveva convinto la Sovrintendenza a bloccare i lavori dopo un iniziale nulla osta.

Tuttavia, le pressioni furono talmente forti che raggiunsero addirittura il Parlamento: nel 2010 l'ex senatore Idv Aniello Di Nardo presentò al Senato un'interrogazione in cui si decantava con queste parole le "qualità" del parcheggio (su suolo privato) della Imit: 
Consentirebbe una sicura decongestione del traffico cittadino in una zona di notevole interesse turistico e a ridosso di snodi di trasporto strategici per la città (...) consentendo ai residenti della zona circostante di parcheggiare agevolmente, liberando le strade dalle auto in sosta. 
E chiedeva al Governo di verificare «la correttezza dell'agire della Sovrintendenza e di applicare provvedimenti in caso di irregolarità».
Così, nel 2011, a poche settimane dall'insediamento di de Magistris, la Sovrintendenza tolse il vincolo e fu rilasciato il permesso a costruire. Risultato: alberi secolari abbattuti ed un'enorme scavo in ferro e cemento prospiciente sul mare, a pochi metri da una villa del '700.
piazza Muzii, epicentro dell'antico borgo dell'Arenella, un parcheggio privato su suolo pubblico da 160 box tiene da tre anni “in ostaggio” la viabilità del quartiere: nel 2011 gli smottamenti del manto stradale dovuti ai lavori lesionarono due fabbricati e indussero il Comune a vietare ai condomini l'uso di alcuni locali interni. 
L'OCCASIONE SPRECATA – Ora, la lista nera dei parcheggi non finisce qui (c'è il mega parcheggio di via de Ruggiero costruito dalla cooperativa Parco dei Fiori, c'è un altro parcheggio privato da 96 box in corso d'opera a via Tasso di proprietà dei fratelli imprenditori Castaldo, già sequestrato dai vigili urbani per irregolarità e dove si è verificata una morte “bianca”) e la domanda che sorge spontanea è perché si persevera nella scelta fallimentare (per la viabilità urbana) dei box privati, i cui costi si aggirano in media intorno ai 100mila euro, e non si punta ai parcheggi d'interscambio, come quello da 800 posti di via Cilea, di cui Napoli avrebbe bisogno.
La legge "Tognoli", così vituperata da chi la ritiene l'origine di tutte le speculazioni sulla mobilità, conteneva un grosso incentivo alla realizzazione di parcheggi d'interscambio: i Comuni, infatti, avrebbero potuto accedere ai mutui della Cassa depositi e prestiti se ognuno di loro avesse approvato il PUP nel giro di 150 giorni dalla promulgazione della legge. Ma, a parte Bologna, nessuna metropoli italiana ci è riuscita in tempo.

Napoli ha dovuto attendere fino al 1998 (otto anni dopo la Tognoli) per approvare il piano parcheggi, ed è stato un disastro: l'irrealizzabilità di molti dei progetti previsti al suo interno ha comportato la paralisi totale dei lavori, fino all'istituzione del Commissariato per l'emergenza traffico nel 2007 con ordinanza del premier Prodi. Un'altra scelta fallimentare che, a oggi, non ha risolto la congestione del traffico cittadino. 
DE MAGISTRIS BIFRONTE – Le proteste dei residenti hanno raggiunto il sindaco Luigi de Magistris, che ha promesso di riesaminare il progetto. E, per la prima volta, si è scagliato con decisione contro la costruzione di parcheggi interrati nel centro cittadino: «Napoli ha bisogno di parcheggi pertinenziali? Assolutamente no. Perché si fanno e non si vendono».

​Un'affermazione che però contraddice quello che aveva detto solo pochi mesi prima, in occasione dell'inaugurazione di un altro parcheggio privato su suolo pubblico, quando, con queste parole, promosse la costruzione di nuovi parcheggi come un importante obbiettivo urbanistico:
È uno dei progetti importanti della mobilità quello di creare dei box pertinenziali, appunto, l'amministrazione insieme a cooperative di privati. Sono quasi 200 box che servono per liberare maggiormente gli spazi sovrastanti e poi anche riqualificare l'area, piccole aree pedonali, che speriamo possano essere vissute dai cittadini di questo quartiere.
In uno degli ultimi incontri pubblici, però, il sindaco De Magistris ha ribadito: «Entro il mese di dicembre pubblicheremo il nuovo piano, la direttiva che ho dato è quella di ridurre sensibilmente il numero dei parcheggi pertinenziali perché non servono a nulla». Speriamo non cambi di nuovo idea.

lunedì 30 settembre 2013

L'abuso dei simboli


La Mehari di Giancarlo Siani, il giovane giornalista ucciso dalla camorra nel 1985, è "ritornata" nella redazione del Mattino, per onorare la memoria di chi aveva sacrificato la propria vita per inseguire la passione giornalistica. Prima di giungere al Mattino, l'auto, guidata dallo scrittore Roberto Saviano, ha compiuto un lungo giro presso le sedi istituzionali più importanti della città, ed è stata l'occasione per ribadire insieme ai tanti cittadini e alle autorità presenti un "No" netto alla camorra. Molti si sono emozionati nel vedere di nuovo quell'auto ripercorrere con le proprie forze le strade di Napoli. Un'immagine può valere più di mille parole: diventa un simbolo e trasmette una grande energia a chi crede in determinati valori. Un gesto che però ripaga solo in minima parte la solitudine in cui venne abbandonato Siani, la stessa solitudine che ancora oggi avvolge altre centinaia di cronisti sottopagati (o non pagati affatto) e costretti a lavorare in condizioni precarie, senza nessun tipo di tutela o copertura. 

Io però quella Mehari così esibita e magnificata l'avevo già vista un paio di anni fa circa, quando fu esposta ad una maratona della legalità organizzata per inaugurare la rotonda di via Caldieri al Vomero (non a caso chiamata "Piazzale della Legalità"). La manifestazione era patrocinata dal presidente della municipalità Coppeto e dal neoeletto sindaco de Magistris. Il presidente Coppeto, in particolare, si lanciò in una filippica senza quartiere contro il male assoluto della camorra e contro la speculazione edilizia, ricordando come su quel luogo erano state girate le scene iniziali del film "Mani sulla Città" di Francesco Rosi. 

Fu tutto molto bello e molto giusto. Ma come sempre, sono i dettagli a fare la differenza. Coppeto dichiarò che la rotonda "era stata costruita gratuitamente dalla cooperativa di residenti Parco dei fiori". Quindi, si trattò di un gesto di benevolenza e filantropia di un gruppo di cittadini, che ha voluto così onorare la memoria di Giancarlo Siani donando alla città un'opera attesa da anni. Ma fu davvero così? Oppure le cose sono un tantino più "complesse", come rispose l'Andreotti di Toni Servillo a Scalfari nel film "Il Divo"? La rotonda rientra nelle cosiddette "opere compensative" che il Comune impone alle ditte private in cambio della concessione gratuita per 90 anni di vaste aree del suolo comunale su cui costruirvi dei parcheggi pertinenziali in base alla legge "Tognoli"(box privati su suolo pubblico). E anche in quel caso, l'inaugurazione della rotonda coincise con la consacrazione dei lavori per la costruzione del parcheggio di via Guido de Ruggiero da parte della cooperativa Parco dei fiori, che oggi si staglia in tutta la sua bellezza in queste foto sottostanti:




Parlare di lotta alla speculazione edilizia e rievocare le vittime innocenti della camorra per inaugurare una rotonda che è stata utilizzata come moneta di scambio per realizzare quello che altro non è che una cementificazione del territorio, potrebbe risultare quantomeno un pochino incoerente. Un mio amico disse che così si "marketizzava" la memoria di Giancarlo Siani. Probabile, ma non è purtroppo la prima volta che ciò accade.

Ma ancor più clamorosa è stata la vicenda che ha riguardato l'inaugurazione dei lavori del parcheggio privato da 122 box di via Aniello Falcone, approvato nel 2007 con delibera di giunta dell'amministrazione Iervolino e partito ad inizio 2012 con il nulla osta dell'attuale amministrazione. Anche in quel caso fu messa in piedi una parata contro la camorra alla quale venne invitato il presidente della Federazione nazionale antiracket Tano Grasso, insieme alle autorità politiche e ai vertici di polizia della città. 
Passavano pochi mesi e la Procura sequestrava il parcheggio ad imprenditori vicini al clan Polverino: i magistrati accertavano l'illegittimità del permesso a costruire del Comune e dei pareri dell'Autorità di bacino del Genio civile, nonché il pericolo rappresentato dal parcheggio per la tenuta statica di un edificio limitrofo. 

Qual è quindi la morale della favola? Non è sufficiente parlare di lotta alla camorra, che anzi si presta ad essere sfruttata dai politici per imbellettare la propria immagine. Bisogna parlare di lotta ad un sistema politico, economico e culturale, che consente a vari attori sul campo, tra cui la criminalità organizzata, di potersi inserire in maniera clientelare nella gestione della cosa pubblica. E qui la denuncia si affievolisce, visto che in molti, senza questo sistema, non potrebbero occupare le poltrone che scaldano oggi. 

lunedì 23 settembre 2013

I fattori di vittoria della malapolitica e la possibilità di neutralizzarli


Mi sono chiesto spesso perché la politica sia, per antonomasia, il luogo degli accordi sotto banco e delle pacche "traditrici" sulle spalle, e non invece il semplice consesso deputato alla discussione e alla risoluzione dei problemi quotidiani che ci affliggono. Se, da un lato, l'esperienza della politica "dal basso" (comitati, associazioni, movimenti ecc.) può vantare comunque un attivismo civico fatto di energie positive e passione, dall'altro lato la politica "alta" produce spesso prebende e favoritismi che possono sfociare nell'illecito penale. Il danno per la comunità è enorme: basta guardarsi intorno, nel nostro Sud Italia, per capire quali conseguenze nefaste possa produrre la malapolitica. 

Qual è il principale ostacolo che consente alla malapolitica di nascere, crescere e distruggere? Innanzitutto, la mancanza di trasparenza. Su ogni attività di pubblico interesse vi deve essere la possibilità, per i cittadini, di poter controllare e valutare in autonomia tutto ciò che concerne la cosa pubblica. Faccio un esempio: sulla gestione di un'opera pubblica (o di pubblica utilità) oppure sull'attività di un uomo politico, le persone devono essere in grado di poter accedere al monitoraggio delle condizioni di sicurezza dell'opera o al lavoro svolto nelle sedi istituzionali dall'uomo politico; ciò vuol dire assicurare il libero accesso alle informazioni. Ovviamente non è sufficiente che i dati siani pubblici, ma bisogna che siano anche facilmente raggiungibili. 

Altro fattore di sviluppo della malapolitica è la mancanza di partecipazione, spesso voluta dai partiti politici che così tendono ad escludere la gran massa dei cittadini. Se manca la partecipazione, è fisiologico che pochi si sentiranno in diritto di formare gruppi ristretti con un potere sempre più grande, fino a diventare una sorta di società a sé stante. 

C'è infine la questione più importante, che per me rimane cruciale. Le persone devono credere nelle loro possibilità e capacità di poter incidere sull'ordine delle cose. Se esistono persone appassionate alla politica, che sognano di cambiare ciò che non riescono più a sopportare, possono (e devono) farlo. Le persone devono anzitutto vedere un interesse proprio, personale, nel cambiamento collettivo: è l'unico modo per evitare che coloro i quali sono stati al potere dal dopoguerra in poi, possano continuare a comandare. Non bisogna farsi scoraggiare da chi è in grado di saper piegare la dialettica e la morale ai propri fini, servendosene come strumento per costruirsi il consenso e piegare ogni opposizione. Se si ha la passione, bisogna saper battere il nemico, e batterlo anche sul suo stesso campo, se è il caso. Ma non bisogna mai arrendersi.

martedì 10 settembre 2013

Bagnoli, la giornata di passione del ministro Orlando


Arrivo verso le 18 nei pressi del circolo Ilva di Bagnoli, a Napoli, dove il ministro dell'ambiente Orlando è atteso alla kermesse organizzata dal Partito Democratico. Fuori all'ingresso c'è il solito sbarramento di forze dell'ordine che impedisce ai manifestanti del comitato "Bonifichiamo Bagnoli" di avvicinarsi all'incontro. Il ministro si presenta con mezz'ora di ritardo e subito viene circondato dai lavoratori dei consorzi di bacino e da alcuni esponenti dei comitati contro l'inceneritore di Giugliano. Si mescolano, così, il dramma lavoro che vede la Campania al terzo posto in Italia per tasso di disoccupazione, e il dramma ambientale di chi subisce gli avvelenamenti quotidiani della cosiddetta Terra dei Fuochi.

Il ministro Orlando risponde alle critiche dapprima sollevando dubbi sul piano regionale dei rifiuti perché sovrastimato nell'impiantistica prevista (sono tre gli inceneritori da costruire oltre quello di Acerra) e dicendosi poi "aperto a nuove alternative all'incenerimento", ma aggiunge anche che il piano "va attuato perché ha forza di legge". Un parere già espresso dal ministro in commissione Ambiente del Senato nel giugno scorso. Per cui, l'impianto di Giugliano si farà, ovviamente con gli incentivi Cip 6 prorogati perotto anni dal Decreto del Fare.


La carica della polizia


Uno dei manifestanti feriti. Fonte: Facebook
All'esterno dei cancelli, frattanto, i manifestanti chiedono ai dirigenti di polizia di consentire l'accesso di una delegazione di quattro persone. I dirigenti glissano, prendono tempo e la tensione comincia a crescere. Verso le 19 e 30, si accende di colpo la miccia tra i due schieramenti e partono le prime manganellate. E' il parapiglia generale. Seguono attimi di scontri corpo a corpo da cui escono feriti quattro manifestanti e due poliziotti. Terminati gli scontri, la polizia acconsente finalmente l'accesso della delegazione. Provo ad entrare anch'io insieme ad altre due persone, ci avviciniamo e chiediamo semplicemente di poter partecipare alla conferenza come cittadini. Mi aspetto un netto rifiuto, e invece il dirigente ci fa entrare. "Bastava così poco" penso un po' basito. Entro, il palco è sistemato a pochi metri dal mare, all'orizzonte si stagliano Nisida e il golfo di Pozzuoli. L'europarlamentare Cozzolino sta "arringando" il sonnolente auditorio dei democratici, la sua orazione spazia dal futuro di Bagnoli all'imminente congresso del PD. Al termine del discorso una sensazione di vuoto mi pervade. Ripenso allo scandalo dei cinesi arruolati per votare alle primarie del 2011 in cui fu coinvolto lo stesso Cozzolino, cosa che impedì agli uomini vicini a Bassolino di poter tornare alla ribalta, aprendo all'ascesa di Luigi de Magistris.

Il ministro arriva dopo aver promesso ai manifestanti l'apertura di un tavolo tecnico indipendente sull'inceneritore a Giugliano. Orlando ribadisce di aver sbloccato 35 milioni di euro per la bonifica dei laghetti di Castelvolturno utilizzati come sversatoi di rifiuti tossici dalla camorra e di aver dato il via alla mappatura delle discariche abusive. Poi però più nulla: il resto del discorso sarà incentrato sull'organizzazione del congresso nazionale e sulle strategie interne del partito, dove il ministro non mancherà di rimarcare la differenza del PD da "coloro che salgono sul tetto del Parlamento" e da "coloro che si sono legati al destino giuridico di una persona".


Alle 21 termina la kermesse democratica. Orlando si appresta ad uscire ma viene nuovamente circondato dai lavoratori del consorzio di bacino, ormai senza stipendio da undici mesi: i lavoratori chiedono al ministro un impegno politico che superi il silenzio della Regione e permetta loro di essere riassorbiti in una nuova società di bonifiche, la Campania Ambiente, prima della scadenza della mobilità, prevista per il 15 settembre, evitando che le operazioni di bonifica possano finire nelle mani di società private. Il ministro va via in auto blu dopo l'impegno a farsi carico della faccenda, sfrecciando tra le strade buie e desolate del quartiere. Fuori non ci sono più né manifestanti né polizia, solo il silenzio del litorale e gli scheletri dell'ex Italsider. 

martedì 3 settembre 2013

La riqualificazione del centro storico di Napoli, tra ritardi e inefficienze


La riqualificazione del centro storico di Napoli, dichiarato nel 1995 patrimonio dell'UNESCO, fa parte dei diciannove Grandi Progetti che la Regione Campania deve attuare entro la fine del 2013 mediante l'utilizzo dei fondi europei POR-FESR 2007/2013. Al capoluogo spettano 100 milioni di euro per l'avvio delle operazioni di recupero dei beni monumentali e della riqualificazione di piazze e strade (indicati in questo link), opere da cantierizzare quanto prima per cominciare a sottrarre spazio al degrado dilagante in cui versa il patrimonio artistico. In un'intervista all'Espresso, l'arch. Giancarlo Ferulano, membro della Cabina di regia preposta agli interventi, ha affermato che i bandi di gara dovrebbero iniziare entro questo mese. Speriamo...

La storia dei finanziamenti europei al patrimonio culturale partenopeo inizia nel 2009 con l'approvazione del PIU (Programma Integrato Urbano) cittadino che prevedeva investimenti pari a 240 milioni di euro per riqualificare il centro storico. Tuttavia, nel 2011, la Regione Campania decide di riprogrammare i fondi europei e individua nuove aree di intervento battezzandole "Grandi Progetti". Ciò provoca la riduzione del finanziamento per il centro storico agli attuali 100 milioni.

Su questo sito gestito dalla Regione, vengono brevemente illustrate le caratteristiche di ogni singolo "grande progetto" e viene allegata la relativa cartografia degli interventi. Il richiamo al principio di trasparenza è però contraddetto dalla estrema "scarsità" delle informazione fornite al pubblico: negli elenchi mancano i progetti in dettaglio, le delibere, l'iter amministrativo, il cronoprogramma ecc.; bisognerebbe poi capire quali sono i criteri che hanno determinato le preferenze per un sito e non per un altro. E' il caso dei 65 milioni di euro stanziati per il "Risanamento ambientale e valorizzazione dei Campi Flegrei" o degli 80 milioni di euro previsti per "la riqualificazione delle coste e delle aree interne del litorale domizio". Quale risultato si vuole ottenere quando, per realizzare concretamente la bonifica del litorale flegreo-domizio, occorrono svariati miliardi di euro e non poche decine di milioni? E cosa pensare dei 173 milioni di euro collocati per il completamento della linea 6 del metrò di Napoli, un' opera del tutto inutile che lo scorso 4 marzo poteva provocare una strage alla Riviera di Chiaia, che dai 390 milioni di euro iniziali è lievitata a 750 milioni di euro.

San Carlo alle Mortelle [fonte: Facebook]
Per quanto riguarda il grande progetto di riqualificazione del centro storico, non sono chiari i criteri sulla base dei quali sono state individuate determinate aree di intervento e ne sono state invece abbandonate delle altre, anche più urgenti. A Napoli, invece, tutto diviene emergenza, e quindi le logiche favoriscono chi ha le giuste "entrature" per farsi finanziare il palazzo o il santuario di proprietà. Alla liste delle cose da fare d'urgenza, manca, ad esempio, la seicentesca chiesa di San Carlo alle Montelle, chiusa da quattro anni dopo la comparsa di una grossa voragine nel pavimento, oggi la troviamo esposta all'abbandono più totale e al pericolo di crollo; manca la basilica di Santa Maria della Pazienza, da più di un anno alle prese con le infiltrazioni d'acqua che hanno danneggiato gravemente il soffitto e hanno costretto il parroco, padre Buffardi, a transennare l'area con le panche riservate ai fedeli (il Comune, proprietario del complesso, risponde di non avere i soldi per le riparazioni); c'è lo storico ponte di Chiaia, danneggiato dai vicini cantieri della metropolitana.
La funzione dei fondi europei, infatti, dovrebbe essere quello di favorire la soluzione di situazioni emergenziali, e quindi la precedenza spetterebbe ai complessi monumentali più fatiscenti.

Infiltrazioni alla chiesa di Santa Maria della Pazienza [fonte: unita.it]
Insomma, l'elenco delle emergenze non finisce certo qui: secondo stime attendibili, sono ben duecento i beni architettonici da riqualificare. Gli attuali 100 milioni di euro sono sufficienti per un numero di chiese pari a quindici, meglio di niente, ma si tratterà soltanto di una goccia nel mare che rischia di disperdersi se non verrà attivato subito dopo il ciclo di manutenzione ordinaria. Senza contare che se i bandi non partiranno entro la fine dell'anno,
il denaro ritornerà di nuovo nelle casse di Bruxelles.

domenica 1 settembre 2013

Schiavone torna a parlare: la sua verità nell'audizione del 7 ottobre 1997

 

Il pentito Carmine Schiavone è tornato a parlare alla stampa, stavolta davanti alle telecamere del Fatto Quotidiano. Nei sei minuti di intervista, Schiavone ripercorre la storia degli sversamenti di rifiuti tossici e radioattivi e indica anche alcuni dei luoghi in cui questi sono stati sversati: la superstrada che da Pozzuoli arriva a Villa Literno, i laghetti di Castelvolturno, il campo sportivo di Casal di Principe. Afferma anche di aver avvisato nel '97 i membri della Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti dell'immediata necessità di bonifica di quelle aree, e di essersi sentito rispondere dagli stessi che non ci sono i soldi (mentre ce ne sono per gli F35, per la TaV ecc., ma vabbè).

Scorrendo i dati della Camera dei Deputati, risulta che l'audizione in cui venne ascoltato Carmine Schiavone sembra essere quella del 7 ottobre 1997, ma accedere al resoconto stenografico è impossibile perché le dichiarazioni sono state completamente secretate. Una soluzione, come riporta questo pezzo su Blogeko.it a firma di Maria Ferdinanda Piva, può essere ricavata all'Allegato B dalla relazione finale della commissione del 2001, in cui si legge che è possibile rendere pubbliche le audizioni sottoposte a segreto nel caso in cui non sussistano altri vincoli (es. segreto istruttorio). A distanza di quasi vent'anni riesce difficile credere che vi siano ulteriori motivi (oltre a quello di mantenere il silenzio) che impediscano la diffusione di quelle deposizioni.

venerdì 30 agosto 2013

Giugliano, la finanziaria 2008 nega i Cip 6 al futuro inceneritore

Riprendo questo post della settimana scorsa da me pubblicato sul vecchio blog FreeCampania, relativo alla imminente costruzione dell'inceneritore a Giugliano.
Dopo anni di discussioni, si è deciso che l'inceneritore a Giugliano si farà: il bando di gara, a firma del commissario straordinario Carotenuto, è stato pubblicato e si procederà come stabilito dalla legge 123 del 2008 e dal piano regionale dei rifiuti che prevedono nuovi impianti di incenerimento oltre a quello già attivo ad Acerra. Inutili le proteste di comitati e associazioni.
La storia si è ripetuta ancora una volta, il mese di agosto ha regalato l'ennesima sorpresa sul fronte della crisi rifiuti in Campania. La sorpresa si chiama "inceneritore" e verrà costruito a Giugliano per smaltire le 7 milioni di tonnellate di "eco" balle accatastate in gran parte a Taverna del Re.
Con la pubblicazione del bando di gara sulla Gazzetta ufficiale, è partito l'iter burocratico: i costi dell'appalto si aggirano intorno ai 450 milioni di euro e l'impianto sarà ultimato nel giro di 3 anni. In base al cronoprogramma, i cantieri apriranno entro dicembre. 
Due mesi fa, il Ministro dell'Ambiente Orlando prometteva ai cittadini campani che il Governo sarebbe intervenuto per bloccare la piaga dei roghi tossici e, contemporaneamente, per avviare le procedure di bonifica del territorio. L'avvio dell'inceneritore non può che essere vissuto come una beffa dagli abitanti di Giugliano e diventano inevitabili le proteste degli abitanti: su Facebook è già comparsa la pagina ufficiale, eloquente il titolo: "NO TAVerna del Re. Io blocco". I presupposti per un autunno caldo sul fronte delle lotte ambientali ci sono tutti.
Giugliano conta oltre 100mila anime, nel suo circondario sono disseminate 45 discariche abusive (tra cui la famigerata "Resit") e i roghi tossici, così come in tutto l'hinterland napoletano, continuano a funestare l'esistenza di migliaia di famiglie costrette a rimanere chiuse in casa. L'incidenza di patologie tumorali tra la popolazione è arrivata a livelli talmente alti che la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti della scorsa legislatura ha definito la situazione di devastazione ambientale campana "paragonabile alla peste del Seicento".
La scelta di costruire un inceneritore che bruci le (poco eco) balle di Taverna del Re appare quindidiscutibile sia sul piano ambientale che su quello economico
Dal punto di vista economico, la scelta dei tempi non è casuale: il bando di gara arriva a pochi giorni dall'approvazione della legge di riconversione del Decreto del Fare, ovvero l'accozzaglia di norme emanate dal governo Letta, che interviene nei settori più disparati della vita italiana. Si sa, quanto più le leggi sono confusionarie e incomprensibili, tanto più diventa semplice infilare con emendamenti e ordini del giorno "ad hoc" paroline che cambiano magicamente il senso delle disposizioni. E infatti, il 18 luglio scorso, un emendamento del Governo (n. 5.90) all'art. 5 comma 5 (Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica ed estensione della c.d. Robin Hood Tax) del Dl Fare approvato dalle Commissioni riunite della Camera ha stravolto il senso originario della disposizione. Il testo dell'articolo, a sua volta modificato dal Senato, è il seguente:
  5. In deroga ai commi 3 e 4, per gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti in esercizio da non più di otto anni alla data di entrata in vigore del presente decreto e che sono stati ammessi al regime di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6/1992, fino al completamento del quarto anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto il valore di cui al comma 1 è determinato sulla base del paniere di riferimento di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99, in cui il peso dei prodotti petroliferi è pari al 60 per cento. Per gli anni successivi di esercizio, si applica il metodo di aggiornamento di cui al comma 4. Per gli impianti situati in zone di emergenza relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti il valore di cui al comma 1 è determinato sulla base del paniere di riferimento in cui il peso dei prodotti petroliferi è pari al 60 per cento fino al completamento dell'ottavo anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il Governo Letta, con il comma 5, stabilisce così che gli inceneritori di più recente costruzione e quelli situati in zone di emergenza rifiuti (ovvero Lazio, Campania, Calabria e Sicilia) continueranno a godere degli incentivi statali Cip 6 agevolati rispetto a quanto previsto dai commi 3 e 4, i quali stabiliscono invece che il nuovo metodo di calcolo basato sul CEC (costo evitato del combustibile) debba avere come parametro di riferimento i mercati spot del gas (più economico) e non quelli del petrolio (più oneroso) come è stato fino ad oggi.
A rigor di legge, anche l'inceneritore di Giugliano dovrebbe beneficiare del Cip 6. Tuttavia, l'articolo l’articolo 2 comma 137 della legge 244/2007 (Finanziaria 2008stabilisce che gli inceneritori, per poter godere degli incentivi Cip 6, devono bruciare una "certa quantità" di rifiuto organico. Le balle che oggi sono presenti a Taverna del Re e nei vari siti di stoccaggio della Campania non possono più contenere rifiuto organico a causa degli anni trascorsi dalla loro produzione negli impianti ex CDR; tutt'al più contengono "FOS", ovvero frazione organica stabilizzata, che il Consiglio di Stato ha classificato come "rifiuto speciale" nella sentenza n. 5566/2012 e che non può essere considerato rifiuto organico ma può essere utilizzato per le bonifiche.
La disposizione della Finanziaria 2008 si sarebbe dovuta applicare anche all'inceneritore di Acerra, se l'ex premier Prodi non fosse intervenuto a fine legislatura con due ordinanze in cui concedeva il Cip 6 ad Acerra e stabiliva che vi si sarebbe potuto bruciare rifiuti "tal quale" (disposizione poi confermata e riformulata con la legge 123/2008 del governo Berlusconi). Quindi potrebbe profilarsi all'orizzonte un nuovo "blitz" normativo per modificare la legge, poiché un inceneritore senza sovvenzionamenti statali non risulta conveniente alle aziende energetiche.
Se dal punto di vista economico l'inceneritore a Giugliano non sembra vantaggioso (tranne per le lobby inceneritoriste), dal punto di vista ambientale la scelta appare scellerata a dir poco. Anzitutto, come si evince dalle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto l'Impregilo, il termodistruttore di Giugliano andrebbe a bruciare milioni di balle non a norma e quasi certamente rifiuti tossici imballati illecitamente.
Aggiungere un fuoco "a norma di legge" nella Terra dei Fuochi illegali non può rappresentare l'oggetto di scambio per risolvere il problema: lo Stato deve tutelare a prescindere la salute di milioni di persone. 
Infine, c'è la questione sociale: di fronte ad una popolazione falcidiata dai tumori, e dopo le promesse (mancate) della politica nazionale, spendere centinaia di milioni di fondi pubblici per la costruzione dell'inceneritore e per gli incentivi Cip 6, invece di utilizzare gli stessi soldi per le bonifiche e per i piani di monitoraggio dei roghi tossici, costituisce un affronto che difficilmente i cittadini potranno digerire.
Si è ancora in tempo per ripensarci.

Ps. Una settimana fa è andato a fuoco il deposito di ecoballe di Benevento che ha fatto scattare l'allarme per gli abitati circostanti. Forse qualcuno crede ancora alle coincidenze?

giovedì 29 agosto 2013

Crollo alla Riviera, il Comune scarica sugli abitanti i costi delle riparazioni


Questa in alto è l'ordinanza che il Comune ha inviato all'amministratore del condominio n. 5 di vico Antonio Serra, vicino all'edificio crollato sei mesi fa alla Riviera di Chiaia. L'ordinanza impone ai condomini di effettuare a proprio carico le opere di messa in sicurezza e di farsi rilasciare dai propri consulenti tecnici un certificato di cessato pericolo, sollevando l'Amministrazione Comunale da ogni responsabilità nei confronti dei terzi per quanto intimato dalla presente ordinanza. Ordinanze analoghe sono state emesse per tutti gli altri civici confinanti con l'area interessata dall'incidente del 4 marzo. 

Con quest'atto, sottoscritto dal dirigente della sicurezza abitativa Spagnuolo e dal sindaco de Magistris, il Comune ha di fatto scaricato sugli abitanti della Riviera i costi delle riparazioni e le responsabilità per qualsiasi ulteriore danno possa verificarsi. Lo stesso Comune che prometteva alle medesime persone, quando si trovavano sfollate negli alberghi, che non vi sarebbero state ripercussioni a loro carico (le registrazioni audio degli incontri tra gli sfollati, de Magistris e il vicesindaco Sodano sono disponibili qui: File 1 / File 2) adesso cambia opinione, provocando l'inevitabile rabbia dei cittadini. 

L'edificio danneggiato dai lavori della Linea 6
La mossa dell'Amministrazione arriva nel momento in cui potrebbe arrivare la conclusione delle indagini preliminari della Procura, che tiene ancora sotto sequestro il cantiere della stazione "Arco Mirelli" del metrò - linea 6, dove il 4 marzo scorso ha avuto luogo l'incidente che ha provocato il crollo di palazzo Guevara. Una vicenda questa, per chi l'ha seguita da vicino, che è emblematica del modo di ragionare di chi in Italia ha la responsabilità dell'incolumità pubblica. Anzitutto, le relazioni scientifiche che hanno consentito alla maggior parte degli abitanti di rientrare nelle loro abitazioni, sono state scritte dagli ingegneri dell'Ansaldo Sts (la ditta appaltatrice dell'opera) e del Comune, cioè dalle stesse persone che potrebbero essere potenzialmente indagate dalla magistratura per il reato di disastro colposo (si parla di quasi trenta avvisi di garanzia). Inoltre, tali relazioni si fondano su sopralluoghi effettuati dai periti del Comitato Scientifico, che sono avvenuti "de visu", ossia mediante controlli visivi ("a uocchie", si dice a Napoli) e senza nessuna verbalizzazione di quanto riportato. Su 400 sfollati iniziali, un centinaio continua a rimanere negli alberghi o presso amici e parenti, in particolare i residenti dei civici 66, 72 (il palazzo crollato) e 81. 

L'unica relazione "sicura", per così dire, sembrerebbe quella illustrata dagli austriaci della ditta Texplor, chiamati dall'Ansaldo per controllare la tenuta dei suoli dopo l'incidente: nella perizia pubblicata dal Mattino, si legge:

"A nostro giudizio, il dilavamento, che ha raggiunto un angolo del palazzo di sinistra, potrebbe creare una situazione di pericolo a causa di tutti i lavori pesanti che sono in corso. Vi chiediamo di considerare questa come una situazione molto grave: di prendere precauzioni immediate sui lavori pesanti e di prendere in considerazione un lavoro di fortificazione del suolo prima di tutto". 

Ricordiamo che la linea 6 dovrebbe congiungere la stazione di Mostra con quella di piazza Municipio, mentre è prevista la costruzione di un altro troncone da 141 milioni di euro per il progetto del deposito-officina a via Campegna, nell'ex Arsenale militare. Attualmente il costo dell'opera si aggira intorno ai 750 milioni di euro, quasi il doppio rispetto ai 390 milioni preventivati ad apertura lavori. Inoltre, una delibera comunale del 2009 prevede il prolungamento fino a Bagnoli presso l'attuale Porta del Parco. Costi preventivati? Nessuno lo sa. Ma visti i risultati, era meglio continuare ad usufruire della vecchia linea tranviaria superficiale.

martedì 27 agosto 2013

Claudio de Magistris rinuncia al Forum delle Culture, ma glielo impediva già la legge


Il paventato conferimento di un incarico retribuito per Claudio de Magistris, fratello del sindaco Luigi, presso il Forum delle Culture ha provocato non pochi tumulti nell'ambiente politico napoletano (un ambiente non certamente abitato da stinchi di santo). Il primo cittadino aveva addotto, come motivazione della sua scelta, il fatto che il fratello avesse perso il posto di lavoro nell'ufficio comunicazione dell'IDV, rendendogli di fatto impossibile la continuazione dell'esperienza al Comune come consulente a titolo gratuito. L'insistenza del sindaco, che a suo dire non avrebbe mai potuto rinunciare alle "indubbie competenze" del fratello in materia di eventi, ha fatto storcere il naso a molti e ha contribuito a deteriorare i suoi rapporti con le stesse forze politiche di maggioranza e con una parte considerevole della città. La querelle si è poi conclusa tre ore fa, quando sulla sua bacheca di facebook, Claudio de Magistris ha dichiarato la sua indisponibilità per l'incarico al Forum.

In realtà, la nomina non sarebbe potuta avvenire per due ragioni ben precise.

In primis, per opportunità politica: Claudio de Magistris è tuttora indagato dalla magistratura nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti dell'America's Cup e una sua nomina in un posto delicato come quello dell'evento del Forum sarebbe stata quanto meno "sconsigliabile" (perfino il magistrato Raffaele Cantone, da sempre suo sostenitore, ha suggerito a de Magistris di fare un passo indietro)


Infine, per una questione eminentemente "legale": il DPR n. 168/2010, all'art. 8, commi 1 e 2, sancisce:

1. Gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o
dei servizi dell'ente  locale,  nonche'  degli  altri  organismi  che
espletano  funzioni  di  stazione  appaltante,  di  regolazione,   di
indirizzo e di controllo di  servizi  pubblici  locali,  non  possono
svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte
dei medesimi soggetti. Il divieto si applica anche nel caso in cui le
dette  funzioni  sono  state  svolte  nei  tre  anni  precedenti   il
conferimento dell'incarico inerente la gestione dei servizi  pubblici
locali. Alle societa' quotate nei mercati regolamentati si applica la
disciplina definita dagli organismi di controllo competenti. 
  2. Il divieto di cui al comma  1  opera  anche  nei  confronti  del
coniuge, dei parenti  e  degli  affini  entro  il  quarto  grado  dei
soggetti indicati allo stesso comma, nonche' nei confronti di  coloro
che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente,  a  qualsiasi
titolo attivita' di consulenza o collaborazione in favore degli  enti
locali o dei soggetti che hanno affidato  la  gestione  del  servizio
pubblico locale. 
E infatti è arrivato il dietrofront. Le motivazioni ufficiali? Di certo, non queste qui qua sopra.

Ps. ringrazio Nando Pennone per la segnalazione.