venerdì 30 agosto 2013

Giugliano, la finanziaria 2008 nega i Cip 6 al futuro inceneritore

Riprendo questo post della settimana scorsa da me pubblicato sul vecchio blog FreeCampania, relativo alla imminente costruzione dell'inceneritore a Giugliano.
Dopo anni di discussioni, si è deciso che l'inceneritore a Giugliano si farà: il bando di gara, a firma del commissario straordinario Carotenuto, è stato pubblicato e si procederà come stabilito dalla legge 123 del 2008 e dal piano regionale dei rifiuti che prevedono nuovi impianti di incenerimento oltre a quello già attivo ad Acerra. Inutili le proteste di comitati e associazioni.
La storia si è ripetuta ancora una volta, il mese di agosto ha regalato l'ennesima sorpresa sul fronte della crisi rifiuti in Campania. La sorpresa si chiama "inceneritore" e verrà costruito a Giugliano per smaltire le 7 milioni di tonnellate di "eco" balle accatastate in gran parte a Taverna del Re.
Con la pubblicazione del bando di gara sulla Gazzetta ufficiale, è partito l'iter burocratico: i costi dell'appalto si aggirano intorno ai 450 milioni di euro e l'impianto sarà ultimato nel giro di 3 anni. In base al cronoprogramma, i cantieri apriranno entro dicembre. 
Due mesi fa, il Ministro dell'Ambiente Orlando prometteva ai cittadini campani che il Governo sarebbe intervenuto per bloccare la piaga dei roghi tossici e, contemporaneamente, per avviare le procedure di bonifica del territorio. L'avvio dell'inceneritore non può che essere vissuto come una beffa dagli abitanti di Giugliano e diventano inevitabili le proteste degli abitanti: su Facebook è già comparsa la pagina ufficiale, eloquente il titolo: "NO TAVerna del Re. Io blocco". I presupposti per un autunno caldo sul fronte delle lotte ambientali ci sono tutti.
Giugliano conta oltre 100mila anime, nel suo circondario sono disseminate 45 discariche abusive (tra cui la famigerata "Resit") e i roghi tossici, così come in tutto l'hinterland napoletano, continuano a funestare l'esistenza di migliaia di famiglie costrette a rimanere chiuse in casa. L'incidenza di patologie tumorali tra la popolazione è arrivata a livelli talmente alti che la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti della scorsa legislatura ha definito la situazione di devastazione ambientale campana "paragonabile alla peste del Seicento".
La scelta di costruire un inceneritore che bruci le (poco eco) balle di Taverna del Re appare quindidiscutibile sia sul piano ambientale che su quello economico
Dal punto di vista economico, la scelta dei tempi non è casuale: il bando di gara arriva a pochi giorni dall'approvazione della legge di riconversione del Decreto del Fare, ovvero l'accozzaglia di norme emanate dal governo Letta, che interviene nei settori più disparati della vita italiana. Si sa, quanto più le leggi sono confusionarie e incomprensibili, tanto più diventa semplice infilare con emendamenti e ordini del giorno "ad hoc" paroline che cambiano magicamente il senso delle disposizioni. E infatti, il 18 luglio scorso, un emendamento del Governo (n. 5.90) all'art. 5 comma 5 (Disposizioni per la riduzione dei prezzi dell’energia elettrica ed estensione della c.d. Robin Hood Tax) del Dl Fare approvato dalle Commissioni riunite della Camera ha stravolto il senso originario della disposizione. Il testo dell'articolo, a sua volta modificato dal Senato, è il seguente:
  5. In deroga ai commi 3 e 4, per gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti in esercizio da non più di otto anni alla data di entrata in vigore del presente decreto e che sono stati ammessi al regime di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi n. 6/1992, fino al completamento del quarto anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto il valore di cui al comma 1 è determinato sulla base del paniere di riferimento di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99, in cui il peso dei prodotti petroliferi è pari al 60 per cento. Per gli anni successivi di esercizio, si applica il metodo di aggiornamento di cui al comma 4. Per gli impianti situati in zone di emergenza relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti il valore di cui al comma 1 è determinato sulla base del paniere di riferimento in cui il peso dei prodotti petroliferi è pari al 60 per cento fino al completamento dell'ottavo anno di esercizio dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il Governo Letta, con il comma 5, stabilisce così che gli inceneritori di più recente costruzione e quelli situati in zone di emergenza rifiuti (ovvero Lazio, Campania, Calabria e Sicilia) continueranno a godere degli incentivi statali Cip 6 agevolati rispetto a quanto previsto dai commi 3 e 4, i quali stabiliscono invece che il nuovo metodo di calcolo basato sul CEC (costo evitato del combustibile) debba avere come parametro di riferimento i mercati spot del gas (più economico) e non quelli del petrolio (più oneroso) come è stato fino ad oggi.
A rigor di legge, anche l'inceneritore di Giugliano dovrebbe beneficiare del Cip 6. Tuttavia, l'articolo l’articolo 2 comma 137 della legge 244/2007 (Finanziaria 2008stabilisce che gli inceneritori, per poter godere degli incentivi Cip 6, devono bruciare una "certa quantità" di rifiuto organico. Le balle che oggi sono presenti a Taverna del Re e nei vari siti di stoccaggio della Campania non possono più contenere rifiuto organico a causa degli anni trascorsi dalla loro produzione negli impianti ex CDR; tutt'al più contengono "FOS", ovvero frazione organica stabilizzata, che il Consiglio di Stato ha classificato come "rifiuto speciale" nella sentenza n. 5566/2012 e che non può essere considerato rifiuto organico ma può essere utilizzato per le bonifiche.
La disposizione della Finanziaria 2008 si sarebbe dovuta applicare anche all'inceneritore di Acerra, se l'ex premier Prodi non fosse intervenuto a fine legislatura con due ordinanze in cui concedeva il Cip 6 ad Acerra e stabiliva che vi si sarebbe potuto bruciare rifiuti "tal quale" (disposizione poi confermata e riformulata con la legge 123/2008 del governo Berlusconi). Quindi potrebbe profilarsi all'orizzonte un nuovo "blitz" normativo per modificare la legge, poiché un inceneritore senza sovvenzionamenti statali non risulta conveniente alle aziende energetiche.
Se dal punto di vista economico l'inceneritore a Giugliano non sembra vantaggioso (tranne per le lobby inceneritoriste), dal punto di vista ambientale la scelta appare scellerata a dir poco. Anzitutto, come si evince dalle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto l'Impregilo, il termodistruttore di Giugliano andrebbe a bruciare milioni di balle non a norma e quasi certamente rifiuti tossici imballati illecitamente.
Aggiungere un fuoco "a norma di legge" nella Terra dei Fuochi illegali non può rappresentare l'oggetto di scambio per risolvere il problema: lo Stato deve tutelare a prescindere la salute di milioni di persone. 
Infine, c'è la questione sociale: di fronte ad una popolazione falcidiata dai tumori, e dopo le promesse (mancate) della politica nazionale, spendere centinaia di milioni di fondi pubblici per la costruzione dell'inceneritore e per gli incentivi Cip 6, invece di utilizzare gli stessi soldi per le bonifiche e per i piani di monitoraggio dei roghi tossici, costituisce un affronto che difficilmente i cittadini potranno digerire.
Si è ancora in tempo per ripensarci.

Ps. Una settimana fa è andato a fuoco il deposito di ecoballe di Benevento che ha fatto scattare l'allarme per gli abitati circostanti. Forse qualcuno crede ancora alle coincidenze?

giovedì 29 agosto 2013

Crollo alla Riviera, il Comune scarica sugli abitanti i costi delle riparazioni


Questa in alto è l'ordinanza che il Comune ha inviato all'amministratore del condominio n. 5 di vico Antonio Serra, vicino all'edificio crollato sei mesi fa alla Riviera di Chiaia. L'ordinanza impone ai condomini di effettuare a proprio carico le opere di messa in sicurezza e di farsi rilasciare dai propri consulenti tecnici un certificato di cessato pericolo, sollevando l'Amministrazione Comunale da ogni responsabilità nei confronti dei terzi per quanto intimato dalla presente ordinanza. Ordinanze analoghe sono state emesse per tutti gli altri civici confinanti con l'area interessata dall'incidente del 4 marzo. 

Con quest'atto, sottoscritto dal dirigente della sicurezza abitativa Spagnuolo e dal sindaco de Magistris, il Comune ha di fatto scaricato sugli abitanti della Riviera i costi delle riparazioni e le responsabilità per qualsiasi ulteriore danno possa verificarsi. Lo stesso Comune che prometteva alle medesime persone, quando si trovavano sfollate negli alberghi, che non vi sarebbero state ripercussioni a loro carico (le registrazioni audio degli incontri tra gli sfollati, de Magistris e il vicesindaco Sodano sono disponibili qui: File 1 / File 2) adesso cambia opinione, provocando l'inevitabile rabbia dei cittadini. 

L'edificio danneggiato dai lavori della Linea 6
La mossa dell'Amministrazione arriva nel momento in cui potrebbe arrivare la conclusione delle indagini preliminari della Procura, che tiene ancora sotto sequestro il cantiere della stazione "Arco Mirelli" del metrò - linea 6, dove il 4 marzo scorso ha avuto luogo l'incidente che ha provocato il crollo di palazzo Guevara. Una vicenda questa, per chi l'ha seguita da vicino, che è emblematica del modo di ragionare di chi in Italia ha la responsabilità dell'incolumità pubblica. Anzitutto, le relazioni scientifiche che hanno consentito alla maggior parte degli abitanti di rientrare nelle loro abitazioni, sono state scritte dagli ingegneri dell'Ansaldo Sts (la ditta appaltatrice dell'opera) e del Comune, cioè dalle stesse persone che potrebbero essere potenzialmente indagate dalla magistratura per il reato di disastro colposo (si parla di quasi trenta avvisi di garanzia). Inoltre, tali relazioni si fondano su sopralluoghi effettuati dai periti del Comitato Scientifico, che sono avvenuti "de visu", ossia mediante controlli visivi ("a uocchie", si dice a Napoli) e senza nessuna verbalizzazione di quanto riportato. Su 400 sfollati iniziali, un centinaio continua a rimanere negli alberghi o presso amici e parenti, in particolare i residenti dei civici 66, 72 (il palazzo crollato) e 81. 

L'unica relazione "sicura", per così dire, sembrerebbe quella illustrata dagli austriaci della ditta Texplor, chiamati dall'Ansaldo per controllare la tenuta dei suoli dopo l'incidente: nella perizia pubblicata dal Mattino, si legge:

"A nostro giudizio, il dilavamento, che ha raggiunto un angolo del palazzo di sinistra, potrebbe creare una situazione di pericolo a causa di tutti i lavori pesanti che sono in corso. Vi chiediamo di considerare questa come una situazione molto grave: di prendere precauzioni immediate sui lavori pesanti e di prendere in considerazione un lavoro di fortificazione del suolo prima di tutto". 

Ricordiamo che la linea 6 dovrebbe congiungere la stazione di Mostra con quella di piazza Municipio, mentre è prevista la costruzione di un altro troncone da 141 milioni di euro per il progetto del deposito-officina a via Campegna, nell'ex Arsenale militare. Attualmente il costo dell'opera si aggira intorno ai 750 milioni di euro, quasi il doppio rispetto ai 390 milioni preventivati ad apertura lavori. Inoltre, una delibera comunale del 2009 prevede il prolungamento fino a Bagnoli presso l'attuale Porta del Parco. Costi preventivati? Nessuno lo sa. Ma visti i risultati, era meglio continuare ad usufruire della vecchia linea tranviaria superficiale.

martedì 27 agosto 2013

Claudio de Magistris rinuncia al Forum delle Culture, ma glielo impediva già la legge


Il paventato conferimento di un incarico retribuito per Claudio de Magistris, fratello del sindaco Luigi, presso il Forum delle Culture ha provocato non pochi tumulti nell'ambiente politico napoletano (un ambiente non certamente abitato da stinchi di santo). Il primo cittadino aveva addotto, come motivazione della sua scelta, il fatto che il fratello avesse perso il posto di lavoro nell'ufficio comunicazione dell'IDV, rendendogli di fatto impossibile la continuazione dell'esperienza al Comune come consulente a titolo gratuito. L'insistenza del sindaco, che a suo dire non avrebbe mai potuto rinunciare alle "indubbie competenze" del fratello in materia di eventi, ha fatto storcere il naso a molti e ha contribuito a deteriorare i suoi rapporti con le stesse forze politiche di maggioranza e con una parte considerevole della città. La querelle si è poi conclusa tre ore fa, quando sulla sua bacheca di facebook, Claudio de Magistris ha dichiarato la sua indisponibilità per l'incarico al Forum.

In realtà, la nomina non sarebbe potuta avvenire per due ragioni ben precise.

In primis, per opportunità politica: Claudio de Magistris è tuttora indagato dalla magistratura nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti dell'America's Cup e una sua nomina in un posto delicato come quello dell'evento del Forum sarebbe stata quanto meno "sconsigliabile" (perfino il magistrato Raffaele Cantone, da sempre suo sostenitore, ha suggerito a de Magistris di fare un passo indietro)


Infine, per una questione eminentemente "legale": il DPR n. 168/2010, all'art. 8, commi 1 e 2, sancisce:

1. Gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o
dei servizi dell'ente  locale,  nonche'  degli  altri  organismi  che
espletano  funzioni  di  stazione  appaltante,  di  regolazione,   di
indirizzo e di controllo di  servizi  pubblici  locali,  non  possono
svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte
dei medesimi soggetti. Il divieto si applica anche nel caso in cui le
dette  funzioni  sono  state  svolte  nei  tre  anni  precedenti   il
conferimento dell'incarico inerente la gestione dei servizi  pubblici
locali. Alle societa' quotate nei mercati regolamentati si applica la
disciplina definita dagli organismi di controllo competenti. 
  2. Il divieto di cui al comma  1  opera  anche  nei  confronti  del
coniuge, dei parenti  e  degli  affini  entro  il  quarto  grado  dei
soggetti indicati allo stesso comma, nonche' nei confronti di  coloro
che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente,  a  qualsiasi
titolo attivita' di consulenza o collaborazione in favore degli  enti
locali o dei soggetti che hanno affidato  la  gestione  del  servizio
pubblico locale. 
E infatti è arrivato il dietrofront. Le motivazioni ufficiali? Di certo, non queste qui qua sopra.

Ps. ringrazio Nando Pennone per la segnalazione.

lunedì 26 agosto 2013

Recuperate le deposizioni di Carmine Schiavone



Le rivelazioni rese dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone nel corso di un'intervista sono già finite nel dimenticatoio. Nessuna smentita o conferma è arrivata dal mondo della politica e della magistratura. Eppure, la prima volta in cui il pentito depositò le sue verità davanti ai giudici fu nel lontano 1995.

Le parole del pentito Carmine Schiavone, rilasciate qualche giorno fa ai microfoni di Sky Tg24, hanno suscitato sdegno e preoccupazione per le rivelazioni che fino ad ora erano rimaste confinate nelle inchieste delle procure e nelle carte processuali. In particolar modo ha colpito per la sua brutalità il racconto delle modalità con cui il clan dei Casalesi ha gestito il traffico illecito di rifiuti fino al 1993 (anno d'inizio della sua collaborazione con la giustizia). Sono state però due paroline, "fanghi termonucleari", che hanno contribuito a rendere ancor più inquietante il già pesante quadro ambientale e sanitario in cui versa la Campania. Secondo Schiavone, infatti, questi rifiuti sarebbero stati sotterrati nelle cave del casertano. 

Di fronte a queste dichiarazioni ci si aspetterebbe un nubrifagio di polemiche, accuse, reazioni. E invece, ciò che ancora una volta colpisce è il silenzio seguito a questa intervista: nessuno, nè dal mondo politico nè da quello della magistratura, si è sentito in dovere di ribattere per confermare o smentire le sue affermazioni. Inoltre non è certo la prima volta che Carmine Schiavone fa delle rivelazioni del genere: già vent'anni prima, l'ex boss aveva parlato dei potenziali siti di scarico di rifiuti tossici e radioattivi nel corso del processo "Avolio più 8", durante l'udienza del 28 marzo 1995: la relazione parlamentare della Commissione ecomafie dell'epoca riporta per sommi capi quanto detto da Schiavone e svela una serie di passaggi inquietanti che, riletti a distanza di 20 anni, gettano nuove ombre sull'operato degli enti dello Stato e in particolar modo dell'ENEA, l'Agenzia nazionale dell'energia:

"[...]per quanto riguarda l'ENEA è stata rappresentata dai magistrati titolari di indagini presso la procura di Napoli la scarsissima collaborazione offerta dai tecnici dell'ente nel caso specifico delle indagini relative ai siti abusivi di smaltimento indicati dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone" (pag. 35)

e poi continua la Commissione:


"A presunti smaltimenti di rifiuti radioattivi in diverse aree del Mezzogiorno hanno, peraltro, fatto esplicito riferimento alcuni collaboratori di giustizia. In particolare, Carmine Schiavone, esponente di spicco del clan dei casalesi operante in provincia di Caserta, ha affermato, in diversi interrogatori resi all'autorità giudiziaria, che il clan cui apparteneva si sarebbe interessato allo smaltimento di rifiuti radioattivi in discariche illegali del casertano. Queste affermazioni, portate all'attenzione della Commissione dal procuratore capo della procura di Napoli, dottor Agostino Cordova, risalgono al mese di luglio del 1994 (7) e sono state ribadite, con esplicita allusione ai rifiuti radioattivi, durante l'udienza dibattimentale del 28 marzo 1995 relativa al procedimento penale Avolio più 8 svoltosi presso la VII sezione penale del Tribunale di Napoli (8). In quelle stesse dichiarazioni lo Schiavone indicava quali fossero, a sua conoscenza, gli artefici di questi traffici illegali di rifiuti di ogni tipo, ivi compresi quelli radioattivi, e i siti di smaltimento. La Commissione ha notizia che le necessarie verifiche delle dichiarazioni rese dal suddetto collaboratore di giustizia siano iniziate ed auspica che tali verifiche consentano, nel più breve tempo possibile, di evidenziare la realtà dei fatti, sia al fine di perseguire i responsabili di queste attività illegali che al fine di predisporre, da parte degli organismi competenti, gli indispensabili piani di monitoraggio e bonifica ambientale".

A distanza di vent'anni, che fine hanno fatto le risultanze di queste "necessarie verifiche"?

Ps. le date, il numero del procedimento penale ecc. sono indicati con precisione nella relazione parlamentare (Doc. n. 18, allegato 3, Tribunale di Napoli, VII Sezione penale, procedimento penale n. 4364/13/93+4365/13/93 a carico di Avolio Luca + 8, udienza del 28/3/1995, deposizione del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone). Visto il silenzio assordante delle istituzioni, forse sarebbe il caso di recuperare il verbale dell'udienza in cui parlò Carmine Schiavone, e capire se quanto dichiarato in diretta nazionale dall'ex boss (le cui parole vanno pesate con cura) sia rispondente o meno alla verità.

Manifesto del blog


Se rimango in città non posso fare a meno di osservarla nei suoi anfratti più nascosti, se me ne allontano non posso fare a meno di paragonarla con altre realtà per immaginare una metropoli più libera e anarchica. Perché non è vero che Napoli è una città anarchica: può essere una città caotica, ma l'olezzo del dominio è presente in molti aspetti della sua vita quotidiana. Il termine anfratti, in questo caso, non si riferisce soltanto ai beni artistici e monumentali di cui Napoli si compone, ma anche alle azioni degli uomini e alle conseguenze che queste comportano.
Perciò, nel mare magnum dei libri, dei film, dei reportage, dei documentari e delle inchieste che l'hanno raccontata e interpretata, provo anch'io a dire (e a scoprire) un po' la mia con questo blog.